Lo scorso 10 settembre è giunto in Commissione Giustizia del Senato il disegno di legge a prima firma del leghista Pillon. Il senatore, noto per le sue esplicite prese di posizione contro l’aborto e le unioni civili, ha difeso il ddl, da molti criticato. Pillon di contro ha dichiarato che il suo principale obiettivo è quello di diminuire i conflitti tra i genitori e consentire ai bambini di stare con il padre e la madre tutto il tempo che vogliono. Tra l’altro il ddl prevede l’obbligo di ricorrere alla mediazione per le coppie in fase di separazione con figli, al fine di trovare un punto di incontro solo ed esclusivamente nell’interesse dei minori.
All’articolo 11, infatti si legge “indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori, il figlio minore, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e con la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità. Ha anche il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale”.
I giudici devono assicurare ai minori di trascorrere “tempi paritetici in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori. Salvo diverso accordo tra le parti, deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre”.
Il ddl Pillon si propone inoltre di contrastare il fenomeno dell’alienazione genitoriale: “Nelle situazioni di crisi familiare il diritto del minore ad avere entrambi i genitori finisce frequentemente violato con la concreta esclusione di uno dei genitori (il più delle volte il padre) dalla vita dei figli e con il contestuale eccessivo rafforzamento del ruolo dell’altro genitore” si legge all’articolo 12.
Ma, mentre il ddl Pillon aspira a soddisfare il principio della “bigenitorialità perfetta”, la Corte di Cassazione dichiara che il principio della genitorialità “non comporta l'applicazione matematica in termini di parità di tempi di frequentazione del minore”.
Con la sentenza n. 31902/18 i giudici della Suprema Corte hanno interpretato il predetto principio come “diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse”. Ciò posto, occorre considerare le esigenze di vita del minore e dei genitori, quindi analizzare i modi in cui sia il padre che la madre gestivano la prole prima ancora della cessazione della loro unione.
Quindi la bigenitorialità per la Cassazione, come già anticipato nella sentenza n. 18817 del 2015, deve essere intesa come presenza comune di mamma e papà nella vita dei figli, tenendo però conto delle consuetudini di vita di entrambi i genitori, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità a mantenere un rapporto assiduo.
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